Le clausole applicate dagli istituti di credito che non si chiamano più «massimo scoperto», perché vietato dalla legge, ma che «abbiano sostanzialmente la stessa funzione» sono da considerarsi «nulle». È l'autorevole parere del ministero dell'Economia così come illustrato in risposta a una interrogazione parlamentare presentata dai deputati della Lega Maurizio Fugatti e Massimo Bitonci nella quale si chiedeva «quali iniziative si intendessero usare nei confronti degli istituti di credito che di fatto hanno sostituito la commissione di massimo scoperto con altre spese e commissioni».
A gennaio 2009 il Parlamento (articolo 2 bis del Decreto Anticrisi) aveva sancito la nullità delle commissione di massimo scoperto se il saldo del conto corrente resta a debito per un periodo inferiore a 30 giorni consecutivi oppure se il cliente non ha un'apertura di credito. Medesima nullità per le clausole che prevedano una remunerazione in favore della banca solo per aver messo a disposizione fondi a favore del cliente titolare di conto corrente, indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma; e infine per le clausole che prevedano una remunerazione all'istituto bancario, indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzo dei fondi.
La nuova impostazione entra in vigore definitivamente entro la fine di giugno ma negli ultimi mesi alle banche è stato rimproverato di avere escogitato altri sistemi per accollare ai clienti spese tali da compensare la fine dell'era del massimo scoperto. «Per quanto riguarda le nuove clausole applicate dagli istituti di credito - si legge ancora nella risposta del Tesoro all'interrogazione - si è dell'avviso che qualora le stesse, nonostante il nomen formale, abbiano sostanzialmente la stessa funzione della commissione di massimo scoperto, esse debbano ritenersi nulle, in quanto non conformi alle limitazioni di cui al decreto legge 185 del 2008». E ancora: «La Banca d'Italia ha comunicato di aver avviato approfondimenti anche attraverso l'acquisizione di chiarimenti presso gli intermediari interessati».
«Sulla questione - si legge inoltre - la Banca d'Italia tramite la segreteria del comitato interministeriale per il credito e il Risparmio, ha comunicato di aver richiamato più volte l'attenzione del sistema bancario sull'esigenza di procedere alla sostituzione della commissione di massimo scoperto con forme trasparenti di remunerazione commisurate all'importo del fido come avviene in altri Paesi».
A gennaio 2009 il Parlamento (articolo 2 bis del Decreto Anticrisi) aveva sancito la nullità delle commissione di massimo scoperto se il saldo del conto corrente resta a debito per un periodo inferiore a 30 giorni consecutivi oppure se il cliente non ha un'apertura di credito. Medesima nullità per le clausole che prevedano una remunerazione in favore della banca solo per aver messo a disposizione fondi a favore del cliente titolare di conto corrente, indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma; e infine per le clausole che prevedano una remunerazione all'istituto bancario, indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzo dei fondi.
La nuova impostazione entra in vigore definitivamente entro la fine di giugno ma negli ultimi mesi alle banche è stato rimproverato di avere escogitato altri sistemi per accollare ai clienti spese tali da compensare la fine dell'era del massimo scoperto. «Per quanto riguarda le nuove clausole applicate dagli istituti di credito - si legge ancora nella risposta del Tesoro all'interrogazione - si è dell'avviso che qualora le stesse, nonostante il nomen formale, abbiano sostanzialmente la stessa funzione della commissione di massimo scoperto, esse debbano ritenersi nulle, in quanto non conformi alle limitazioni di cui al decreto legge 185 del 2008». E ancora: «La Banca d'Italia ha comunicato di aver avviato approfondimenti anche attraverso l'acquisizione di chiarimenti presso gli intermediari interessati».
«Sulla questione - si legge inoltre - la Banca d'Italia tramite la segreteria del comitato interministeriale per il credito e il Risparmio, ha comunicato di aver richiamato più volte l'attenzione del sistema bancario sull'esigenza di procedere alla sostituzione della commissione di massimo scoperto con forme trasparenti di remunerazione commisurate all'importo del fido come avviene in altri Paesi».